storia : La Storia del Corteo

/articoli/foto/4c10c1716fcfa.jpg Il governo dell’Abate Pietro Pappacarbone fu un periodo di gloria per la Santissima Trinità di Cava. Si potrebbe anche dire che fu l’epoca d’oro di quest’illustre Abbazia.

Alla morte dell’Abate Leone, avvenuta il 12 luglio 1079, grazie alla saggia direzione di Pietro Pappacarbone ed a causa della stretta osservanza della regola di San Benedetto e delle Costituzioni di Cluny, il monastero della Santissima Trinità di Cava divenne un perfetto modello di vita cenobitica. Fu così che tanti giovani accorsero da ogni luogo per allinearsi sotto la disciplina del nipote di Sant’Alferio. Furono oltre 3000 gli uomini che ricevettero l’abito benedettino.

Molti di questi, prendendo l’abito religioso, accrebbero con le loro offerte la già considerevole ricchezza dell’Abbazia. Ricchezze che aumentavano sempre di più, grazie alle elargizioni provenienti da ogni ceto sociale. Molte di queste documentate nell’ archivio della Santissima Trinità ove è possibile visionare tante pergamene di quell’epoca le quali contengono privilegi, concessioni, donazioni che consistono soprattutto in terreni, vigneti, foreste, montagne, chiese, monasteri, castelli, villaggi e talvolta persino vaste regioni. Questa è quindi l’origine dell’immensa distesa del dominio temporale dell’Abbazia e questo è anche l’inizio della Diocesi della Santissima Trinità di Cava che fu definitivamente costituita nel 1089.

Colui che superò tutti i donatori fu senza dubbio il celebre Duca Ruggiero, uno dei figli di Roberto il Guiscardo morto nel 1085 nell’isola di Cefalonia; successore del Padre sul trono di Salerno, Amalfi, Sorrento e nelle regioni della Puglia, Calabria e Sicilia. Questo Principe, nell’arco di 26 anni (1085-1111) accordò all’Abate Pietro ed al monastero di Cava una tale quantità di diplomi che attualmente nell’archivio di Cava ne esistono almeno 27, donò il monastero di Santo Stefano di Giuncarico; il Porto di Vietri sul Mare; il monastero della Santissima Trinità di Bari con tutte le chiese, terre e vassalli che ne dipendevano; l’ Abbazia di San Massimo in Salerno, concedendogli anche altre chiese e monasteri del Cilento. Nel 1087 Ruggiero confermò all’Abate Pietro le elargizioni e gli accordò la facoltà di riceve l’omaggio dei vassalli dipendenti dall’Abbazia e di giudicarli liberamente nel Tribunale del Monastero; infine gli donò il diritto di patrocinio su 15 diverse chiese. nonchèl’Abbazia di Sant’Adriano di Rossano in Calabria, con tutte le chiese, i priorati, i monasteri ed i vassalli che le erano sottoposti. Nel 1089 gli offrì la chiesa di San Matteo di Tusciano in Battipaglia.

Il 12 maggio 1088 i Cardinali riuniti a Terracina, elevarono al soglio pontificio il Vescovo di Ostia, Odone da Chatillon, che prese il nome di Urbano II, questi trasferì la sua dimora ordinaria a Melfi sotto la protezione dei figli di Roberto il Guiscardo: Ruggiero e Bohemond.

Dopo molte peregrinazioni nel sud Italia, Urbano II nel 1092 si recò a Salerno, seguito da un gran numero di Cardinali. L’Abate Pietro si affrettò ad andare novellamente a rendergli omaggio ed a pregarlo di portarsi presso il monastero di Cava, per consacrarne l’attigua Chiesa. Il Papa acconsentì molto volentieri, anche perché avrebbe rivisto, con piacere, il luogo ove già in passato aveva ricevuto una codialissima ospitalità.

Il 4 settembre 1092, malgrado l’opposizione dell’Arcivescovo Alfano II (1085-1121), Urbano II partì da Salerno per Cava, accompagnato dal Duca Ruggiero di Salerno, da sedici cardinali e da un gran numero di prelati, principi, sacerdoti ed armigeri, seguito da una folla immensa, venuta d’ogni parte del circondario sottomesso all’Abbazia. Il dissenso palesato dell’Arcivescovo Alfano II era motivato dal fatto che il Papa lo aveva privato della giurisdizione esercitata sul monastero di Cava.
Quando il Papa arrivò sull’altura situata a circa cinquecento metri dall’Abbazia, si voltò verso il Duca Ruggiero e disse: La terra che calpestiamo è sacra, sarebbe strano che noi peccatori percorressimo a cavallo un sentiero che tanti Santi hanno percorso a piedi nudi. Così dicendo Papa Urbano II scese dalla sua cavalcatura, in presenza del Duca Ruggiero, rimasto sorpreso per tanta umiltà e si accinse a proseguire a piedi. Tutto il seguito imitò subito l’esempio del Papa ed il pio corteo continuò così il suo cammino verso il monastero. Poco più lontano il corteo del Papa incontrò il venerabile Abate Pietro, attorniato da tutti i suoi monaci. Urbano II abbracciò Pietro e diede la sua benedizione agli altri. Il giorno successivo 5 settembre 1092 alla presenza di numerosi cardinali.
Papa Urbano II unse personalmente con l’olio santo le mura della splendida Basilica di Cava
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Per suo ordine, in ricordo di quella memorabile dedicazione, nella chiesa fu posta una lapide, ancora oggi visibile nella navata laterale sinistra, che qui riportiamo:
S. M A R I A
A W
Poi, sotto, su una pietra grande la metà della precedente si legge:
D.O.M.
CRUCEM, HOC IN LAPIDE SCULPTAM, QUAM CERNIS
SANCTISSIMUS URBANUS II, PONTIFEX MAXIMUS
IN SACRA HUIUS ECCLESIAE CONSECRATIONE
PROPRIIS MANIBUS, IN SACRAE REI SIGNUM, OLEO SANCTO LINIVIT
ANNO SALUTIS MXCII. NON. SEPT. INDICT. XV.

In quella circostanza, tanto importante per la storia della Santissima Trinità, Papa Urbano II accordò al Monastero, all’Abate Pietro ed ai suoi successori, numerosi ed importanti privilegi.
Con la Bolla del 14 settembre 1092 esentò l’Abbazia da qualsiasi altra giurisdizione secolare o ecclesiastica, eccetto quella della Santa Sede. Elevò l’Abate di Cava alla dignità di Ordinario Diocesano concedendogli tutti i diritti ed i poteri dei vescovi ad eccezione della collazione degli ordini maggiori, della confezione del Santo Crisma e della Consacrazione delle Chiese e degli altari. Gli diede la facoltà di giudicare i vassalli del monastero e di scomunicare i detentori dei suoi beni e tutti coloro che avrebbero visitato la chiesa della Santissima Trinità nel giorno della sua dedicazione o il giovedì-venerdì della settimana Santa. Accordò il vantaggio di guadagnare le stesse indulgenze che avrebbero meritato se fossero andati a San Giacomo di Campostella. Dichiarò, infine, che tutti coloro che avessero voluto essere seppelliti nel cimitero dell’Abbazia, purché cristiani e cattolici, avrebbero potuto farlo.
Da parte sua il Duca Ruggiero, in quella occasione raggiunse il massimo delle sue elargizioni perché volle concedere numerosi ulteriori favori all’Abbazia. Il diploma del Duca Ruggiero fu inserito nella Bolla di Urbano II. Tra gli altri, menzioniamo i seguenti privilegi: 1. Esenzione nei suoi stati da qualsiasi diritto d’ingresso o di uscita; 2. Proprietà della decima parte dei pesci pescati nel mare di montagna ove è situata l’Abbazia; principia dal piccolo vallone di Gallocanta, non lontano da Salerno, e finisce al ruscello di Cetara, verso Amalfi, per una lunghezza di 12 km circa ed una larghezza di 9 km, a partire dalla costa. Il monastero di Cava godette a lungo di questo privilegio e lo conservò anche dopo aver ceduto ai vescovi di Cava la giurisdizione spirituale su Vietri (1513). Nel 1696 il monastero cavense concesse in appalto la decima dei pesci presi nel mare di Vietri per 150 ducati annui, pari a circa 640 franchi; 3. La facoltà di avere giudici e notai pubblici; 4. Il potere di emettere ogni tipo di sentenza, con la sola eccezione della pena di morte; 5. Il diritto per l’Abate ed i suoi successori, passando sulle terre ducali, di liberare i criminali condannati a morte od altre pene.